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Altre 10 canzoni italiane da non perdere

Siamo colti da una totale esterofilia in questo paese...
Che spesso ci dimentichiamo quante belle canzoni sono uscite nella penisola italica. Magari in mezzo a molta roba meno meritevole (e talvolta più famosa) però suvvia, viviamo nell'era internet. Si trova tutto.

Continuiamo a ripercorrere, decennio per decennio, alcune canzoni Made In Italy che meritano un ascolto. Non hanno nulla in comune a parte essere italiane ed essere belle, e direi che sono già due motivi sufficienti.

Non preoccupatevi, arriverà anche il vostro artista italiano preferito. Andiamo a iniziare. 
Tra parentesi nome dell'album ed anno di uscita.

Se vi siete persi la prima parte, cliccate qui

Edoardo Bennato - In Fila Per Tre
(I Buoni e I Cattivi, 1973)

Beh questa non è una canzone, è una bomba a mano.
Nell'Italia degli anni 70 mettere in discussione certi punti fermi della società non doveva essere proprio un picnic sull'erba.
Bennato non si limita a metterli in discussione: li snocciola come l'elenco della spesa, li sfotte, li stravolge. Il tutto su una melodia a mò di marcia militare perché il nemico si combatte da vicino.
La canzone inizia colpendo il sistema sociale scolastico, che da una parte azzera le diversità dei bambini rendendoli cloni, dall'altra li prepara a sottostare a qualsiasi tipo di autorità. Ma in realtà si rivela essere solo la punta dell'iceberg: si parla di illusione di libertà, di produrre per la società ad ogni costo e di quell'emblematica (e super profetica) frase finale "puoi sempre emigrare" che non contempla il riconoscere i difetti della propria patria, pur amandola. E tutto l'album si basa su questo tema: l'incapacità, nella società moderna, di riconoscere i buoni e i cattivi e soprattutto capire se esistono davvero. In un'epoca come la nostra, in cui la politica è diventata una partita di calcio, suona tutto terribilmente attuale.
Ma è davvero lo stesso Bennato che, più recentemente, ha scritto robe come Ritorna l'Estate

Banco del Mutuo Soccorso - L'Albero Del Pane
(Banco, 1975)

Il progressive rock inglese e la musica mediterranea si sono dati appuntamento come due vecchi amici e hanno preso un caffè. La nascita del rock anni 70 italiano me la immagino più o meno così.
L'Albero del Pane riassume perfettamente questo connubio. Il genio d'oltremanica e le sonorità spensierate, ma per nulla frivole, proprie della penisola italiana. Con un testo mistico e culturale, in questo caso ispirato ad un canto gregoriano chiamato Ecce Panis Angelorum, e un giro di chitarra sinfonico.
E oltremanica se ne sono accorti eccome: i ragazzi del Banco del Mutuo Soccorso sono arrivati a Londra supportati da nientemeno che Emerson Lake & Palmer, che hanno lanciato due loro album in Gran Bretagna a nome Banco (ve li vedete gli inglesi, pronunciare il nome completo?). Un successo, perlomeno di critica.
Ebbene, L'Albero del Pane è l'unico inedito nel primo dei due album. Gli Emerson Lake & Palmer in quel periodo hanno lanciato anche la Premiata Forneria Marconi sul mercato anglosassone, e a loro come vendite è andata un po' meglio.
In generale, il progressive italiano anni 70 è un universo da scoprire, punteggiato di talentuose band dai nomi improbabili, roba che Banco del Mutuo Soccorso in confronto è un nome sano.

Ivan Graziani - Pigro
(Pigro, 1978)

Grandissimo cantautore che se n'è andato troppo presto, l'abruzzese Graziani ha raccontato a ritmo di rock storie di tutti i giorni, ma anche fuori dal normale. Un vero e proprio cantore del novecento.
L'album Pigro rappresenta senza dubbio uno dei suoi lavori più riusciti, che fa uno straordinario zoom su questo peccato capitale, tanto irresistibile quanto proprio della natura umana.
La title track dell'album è una di quelle canzoni che, ascoltandole, pensi a quante persone andrebbero dedicate. Magari anche a te stesso, chi lo sa. Due minuti e poco più di rock acustico e mirabile sintesi: chi non vorrebbe essere capace di riassumere la differenza tra cultura e intelligenza dicendo "tu sai citare i classici a memoria ma non distingui il ramo da una foglia"? 
Ma tutto l'album è una figata in realtà. È passata ad esempio alla storia Monna Lisa, che racconta il tentato furto della Gioconda avvenuto agli inizi del '900, dal punto di vista del ladro.

Dj Gruff - Versi Di Passione
(Zero Stress, 1996) 

C'è questo immenso controsenso nel pop italiano: una buona parte delle canzoni parlano d'amore, ma non si possono dire cose troppo "spinte" sennò intervengono censura e Vaticano.
E se ci pensate è folle. Dover cantare d'amore, la cosa più libera al mondo, con dei tabù è come cenare con un'insalata per stare leggeri poi andare al pub e scolarsi quindici birre.
Applausi quindi a Dj Gruff che non le manda a dire, con un testo senza il minimo freno e pieno di metafore sessuali, che contrastano con la base tranquilla e raffinata. C'è anche un congiuntivo errato nel ritornello, per aggiungere sincerità al tutto. Se una ragazza se la lascia dedicare non abbiate dubbi: è quella giusta.
Dj Gruff faceva parte dei grandissimi Sangue Misto, assieme a Neffa e Deda, ed è l'unico che oggi faccia ancora rap. Anche se il ricordo della old school è più vivo che mai, e perciò assistere a un suo concerto è una sorta di viaggio nel tempo. 

Fabrizio De André - Smisurata Preghiera
(Anime Salve, 1996) 

L'ultima canzone dell'ultimo disco di Faber, considerata il suo testamento musicale e spirituale. E qui mi è davvero difficile dire qualcosa in più di quanto faccia la musica.
Il testo, ispirato ad un libro di poesie di Àlvaro Mutis, è una sorta di esaltazione a tutti gli uomini che hanno compiuto una scelta drastica di qualsiasi genere, ponendosi diversi dal grosso della società, magari attirandosi le critiche di quest'ultima.
La solitudine è il tema portante dell'album Anime Salve, scritto a quattro mani con Ivano Fossati: si parla dei deboli, degli emarginati e degli incompresi. Smisurata Preghiera si può perciò considerare un ulteriore riassunto e ri-percorso di tutto l'album, e in realtà di tutta l'opera di De André, che alla fine si è sempre dedicato a cantare gli "ultimi" ed è questo, fra gli altri, uno dei motivi per cui la sua musica è passata alla leggenda, più di altre.
La sezione strumentale che inizia dai tre minuti in poi ti porta veramente in altri mondi.

Franco Battiato - Il Ballo Del Potere
(Gommalacca, 1998)

Avete mai notato che La Cura è la canzone più bella di Battiato per quelli che conoscono solo La Cura?
L'album Gommalacca del 1998 è spettacolare. È composto da 10 canzoni, volevo metterle una per una in quest'articolo ma poi il buonsenso ha prevalso. C'è Casta Diva, che mette in musica la storia di Maria Callas, c'è Shackleton che racconta le macabre vicende dell'omonimo capitano su una base ipnotica, c'è Shock In My Town, piuttosto famosa in verità, che parla della noia nelle città di provincia, che può facilmente portare a drogarsi. Ma la traccia più ragionata di Gommalacca è senz'altro Il Ballo Del Potere, un beat elettronico con sonorità etniche che ironizza sull'incertezza politica del mondo occidentale, paragonandola coi rituali dei pigmei africani e degli aborigeni australiani. Viene fatto notare come i popoli privi dell'intricato mix di opinoni politiche occidentali abbiano istantaneità e armonia nelle abitudini. È presente anche una spiegazione del simbolo cinese Taijitu in lingua inglese.
Cazzo, ma sta roba passava in radio a suo tempo. Com'è lontano il novecento, com'è lontano. 

Bandabardò - Sette Sono I Re
(Bondo! Bondo!, 2002)

Naturalmente su internet è scattata la competizione per capire chi fossero esattamente i sette re descritti nella canzone. Per esempio "uno è figlio d'arte, l'altro fuma narghilè" sembrerebbero proprio Bush Jr. e Saddam.
Ma ciò che conta davvero è il senso della canzone in toto, ovviamente. Un vero e proprio sberleffo ai potenti, un misto di speranza ed illusione del fatto che il potere alla lunga ti rovini. In altri secoli non sarebbe finita troppo bene, neh.
La Bandabardò è un gruppo strano ed insolito, che l'immaginario collettivo ha ormai relegato al giro del Concertone a causa dei loro testi e del loro modo festaiolo di vedere il mondo. Ma dal vivo sono irresistibili e spassosi, assolutamente da vedere. Magari non al Concertone che c'è casino e fanno due canzoni in croce.

Cantori di Carpino - La Luna Gira Lu Munnu e Voi Durmite
(Cantori Di Carpino, 2005)

E buttiamoci su qualche realtà locale. Il Gargano, nello specifico il paese di Carpino, è una roccaforte della tradizione musicale italiana. Qui la tarantella pugliese è radicata da decenni, tramandata dai cantori e da un festival dedicato.
L'album Cantori di Carpino, dal nome della compagnia omonima, si occupa di raccogliere diversi sonetti popolari, musicati da tre grandissimi esponenti del folk pugliese: Antonio Piccininno, Andrea Sacco e Antonio Maccarone. Ci si cala nell'atmosfera calda fatta di balli e canti, suonati con tamburello, chitarra battente e nacchere.
La Luna Gira Lu Munnu e Voi Durmite (ma quanto cazzo è epico come titolo) è una tarantella Rodianella, uno dei tre stili di tarantella a Carpino, assieme alla Montanara e alla Viestesana, dal nome dei paesi vicini.
La canta Antonio Piccininno, autentico monumento della musica folk pugliese, morto nel 2016 a cent'anni di età. Come testimoniano diversi video su YouTube, fino all'ultimo anno di vita è sempre salito sul palco a cantare e far ballare. Roccia. 

Cosmo - Esistere
(Disordine, 2013)

Il pop moderno italiano viene chiamato "indie" nello stesso modo in cui i kebab vengono considerati ristoranti etnici.
Cosmo costituisce una piacevole eccezione dal punto di vista della musica, che in questo genere di solito è anonima a voler essere buoni. Dopo aver lasciato il gruppo Drink To Me ha iniziato una carriera solista mescolando pop orecchiabile ed elettronica-funk-disco come ci avevano abituati i migliori Subsonica (dico mooooolto furtivamente anche Battiato). Le sue canzoni più celebri funzionano tutte su una pista da ballo: Le Voci, Turbo, Le Cose Più Rare, L'Ultima Festa.
L'ultima traccia dell'album Disordine invece è una perla riflessiva downtempo, dedicata a suo figlio. Meno male che non è famosa: ci sarebbe stato il rischio che qualche associazione anti-aborto l'avesse scelta come inno.
Da notare, ogni volta che sento la frase "ho lottato contro ogni nostalgia per prepararmi al tuo arrivo" mi sembra di sentir parlare tutti i miei amici già con figli, quando mi dicono che sentono la mancanza delle vecchie serate assieme.

Niccolò Fabi - Ha Perso La Città
(Una Somma Di Piccole Cose, 2016)

Finché ci saranno artisti come Fabi, la musica leggera italiana non farà mai del tutto schifo. Cantautorato raffinato, col mix che ci vuole tra bella musica, belle parole e sciallanza. E ti viene da pensare che nonostante le Targhe Tenco e gli inviti nei programmi televisivi (persino a Festivalbar, a suo tempo!) i riconoscimenti non saranno mai abbastanza.
In Ha Perso La Città Fabi si dimostra per l'ennesima volta un gran paroliere, con un testo che ascolti ed analizzi con attenzione anche se magari non sei d'accordo. Si parla 
delle città del mondo che, in nome di una globalizzazione ed un'illusione di progresso, stanno subendo omologazione e perdita d'identità (problema che, secondo me, in molti paesi stranieri è presente ancor più che in Italia).
Fabi cita i calzolai a rappresentanza del piccolo commercio che probabilmente, con rammarico, non appartiene più alle città di oggi. Ma in realtà il piccolo commercio c'è ancora e va supportato; la canzone non ce lo dice dato che, in quanto opera d'arte, deve andare dritto al sodo. Invitando a riflettere e citando anche problemi ben più gravi, come la mancanza di socializzazione e solidarietà tra le persone, l'inquinamento, il marcio nella politica cittadina. 




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