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10 canzoni italiane da non perdere

Siamo colti da una totale esterofilia in questo paese...
Che spesso ci dimentichiamo quante belle canzoni sono uscite nella penisola italica. Magari in mezzo a molta roba meno meritevole (e talvolta più famosa) però suvvia, viviamo nell'era internet. Si trova tutto.

Oggi inauguro perciò una mega rubrica in cui proviamo a ripercorrere, decennio per decennio, alcune canzoni Made In Italy che meritano un ascolto. Non hanno nulla in comune a parte essere italiane ed essere belle, e direi che sono già due motivi sufficienti.

Naturalmente questo articolo è il primo di una lunghissima serie. Direi che, potenzialmente, è una delle pochissime rubriche che proprio non conoscerebbe mai fine.

Quindi non preoccupatevi, arriverà anche il vostro artista italiano preferito. Andiamo a iniziare. 
Tra parentesi nome dell'album ed anno di uscita.

Luigi Tenco - Io Sì 
(Luigi Tenco, 1962)

Se le canzoni d'amore fossero tutte così, sul blog parlerei solo di quelle. Bellissima, incazzatissima, sincerissima. Uno schiaffo a qualsiasi "sole cuore amore" dal dopoguerra ad oggi.
Ovviamente censuratissima all'epoca, non so dire se più perché allude a scene di sesso o perché argh, parlare di gelosia amorosa nel paese del Vaticano, siamo pazzi?
Il povero Tenco si suicidò nel 1967 in una suite di un hotel di Sanremo, mentre era in corso il Festival. Fu trovato un biglietto da lui scritto in cui esprimeva il suo totale dissenso verso la musica italiana e le canzoni favorite a quel Festival, attribuendo a ciò la drastica scelta. Certo, sono motivazioni abbastanza folli. Ma chi era in grado di scrivere canzoni come Io Sì doveva sentirsi parecchio incompreso dalla musica italiana dell'epoca. Troppo avanti. 
  
Area - Luglio, Agosto, Settembre (Nero) 
(Arbeit Macht Frei, 1973)

Il lato scomodo e incazzato del progressive rock italiano, quel genere che per un poco, senza pretese senza pretese, diede al nostro paese una fama musicale internazionale che non facesse pensare a pizza e gondole.
All'epoca si sapeva comporre, signori: un mega brano ipnotico basato su una canzone popolare macedone, che porta alla massima attenzione la causa palestinese a costo di dire cose orribili, ma realistiche. Il "Settembre Nero" citato nel titolo è stato un evento drammatico avvenuto nel 1970, quando il re di Giordania fece reprimere diversi tentativi di rovesciare la monarchia da parte dei palestinesi. Come si può ben immaginare, solo qualche radio indipendente italiana ebbe l'immenso coraggio di passarla. Non sia mai.
Qualche dettaglio sparso sugli Area: hanno toccato tanti di quei generi musicali da far paura, sono nell'olimpo delle migliori band progressive rock italiane (mondiali?), sono discretamente famosi in Giappone, sono stati la band principale del grande Demetrio Stratos, sono durati troppo poco. 
 
Angelo Branduardi - La Pulce D'Acqua
(La Pulce D'Acqua, 1977) 

Nel magico mondo antico di Branduardi, che evoca castelli, cavalieri e dame, c'è in realtà spazio per lezioni di cultura provenienti da ogni parte del mondo.
Sulle note di una canzone che resta in testa e non se ne va più, il Menestrello del Mediterraneo ci racconta (su un testo scritto dalla moglie) di questa leggenda spirituale degli Indiani d'America: la cosiddetta pulce d'acqua è un insetto minuscolo che ruba l'ombra a chiunque non rispetti la natura. Non possedere l'ombra equivale a non possedere sé stessi, e ciò col tempo fa perdere la ragione.
Non riesco a ricordare se l'ho letta da qualche parte o è frutto della mia immaginazione, ma esiste anche una minima probabilità, molto più inquietante, che "pulce d'acqua", "mosca d'autunno" e "serpe verde" siano nomi di Indiani d'America e la canzone parli della loro scomparsa. 

Eduardo De Crescenzo - Due Stelle Nere
(Amico che voli, 1982)

Il cantautore napoletano era reduce da un invidiabile inizio di decennio: vincitore a Sanremo come miglior interprete, giuria presieduta da Sergio Leone. Come egli stesso ha dichiarato, era un periodo in cui ricercava molto ritmi e sonorità allegre e l'album dell'anno successivo lo dimostra.
Due Stelle Nere, prima traccia, accenni di soul  mediterraneo. Un vero e proprio elogio alla black music e a suoi due idoli, Stevie Wonder e Ray Charles, anche se un paio di frasi lasciano intendere che si tratti di un inno alla musica tutta.
Certo che, madonna, definire "due stelle nere nel cielo" due artisti all'epoca ancora vivi... c'è da sperare i diretti interessati non abbiano sentito la canzone. O che non fossero superstiziosi. 

Giorgio Gaber - Si Può
(Libertà obbligatoria, 1976; Il Teatro Canzone, 1992; La mia generazione ha perso, 2001)

Se Giorgio Gaber fosse nato all'ombra dell'Empire State Building anziché della Madonnina...No aspetta, provo con questa: se l'italiano fosse una lingua globalmente importante quanto l'inglese, probabilmente qualche imparzialissima rivista anglosassone metterebbe Si Può tra le migliori canzoni di tutti i tempi. Ironica, divertente, riflessiva, intelligente. Racchiude al meglio le due anime di Gaber, quella che ti diverte e quella che ti colpisce emotivamente.
Ne esistono tre versioni, in tre decenni diversi: le prime due che eseguiva live nei concerti e nel Teatro Canzone e quella che decise, dopo anni, di registrare finalmente in studio nel suo ahimè penultimo album.
Le differenze tra esse sono sostanziali: a seconda del periodo Gaber canta frasi diverse per adattarle all'attualità e al costume popolare del momento. Nel corso delle versioni, quindi, si parla di carosello, radio, telegiornale, film porno, siti porno, telefonino, orecchini, blue jeans, transessuali.
Fino all'epica frase finale "ma come, con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?" (che nella prima versione era "libertà di cambiare") che ti sbatte in faccia una scomoda verità non da poco. 

Paolo Conte - Elisir
(Una Faccia In Prestito, 1995)
  
Venerato sia dagli amanti del jazz sia da quelli del cantautorato raffinato, Conte ha sempre avuto tutti i requisiti per tirarsela, ma non lo ha mai fatto.
In Italia ha ottenuto qualsiasi riconoscimento potesse ricevere un artista del suo calibro, ma un successo ancora più sbalorditivo lo ha avuto in Francia. E se Parigi, la città degli artisti, di Django Reinhardt e degli Aristogatti ti concede la cittadinanza onoraria, qualcosa vorrà dire.
Tante, tante canzoni meriterebbero di essere citate. Elisir è la sua perla di metà anni 90: canzone d'amore dall'andamento stiloso e adrenalinico, citazioni esotiche qua e là, che possano essere comprese anche da un pubblico straniero, nonchalance da sincero cantastorie. Molto probabilmente è anche con questi brani che Conte si è guadagnato il rispetto tra i vicoli di Montmartre.
Ne esiste anche una bellissima versione fatta dagli Avion Travel, in cui collaborano Gianna Nannini e lo stesso Conte. 
 
Fiorella Mannoia - Il Fiume e La Nebbia 
(Belle Speranze, 1997)

Vedo già le vostre facce di disappunto. Ma come, solo dieci nomi e uno è la Mannoia? Beh, non dimentichiamoci che lei è soprattutto una (buonissima) interprete, le canzoni gliele scrivono altri.
E nell'album Belle Speranze "altri" significa Peppe Servillo, Gianmaria Testa e Daniele Silvestri. Quest'ultimo si dimostra molto coraggioso a sfornare Il Fiume e La Nebbia: di canzoni che parlano di mare ce ne sono millanta, e scrivere un testo dedicato a un bel posto è fin troppo facile.
Ma a noi poveri abitanti della Pianura Padana chi ci pensa? Noi eterni sfottuti da chi non è cresciuto qui perché il fiume e la nebbia non saranno granché, ma ci fanno sentire a casa? Beh, sulle note di una musica nostalgica e di una bella voce, un testo in cui, concedetemi una non-imparzialità, mi ritrovo in ogni singola parola.
Per di più Silvestri è di Roma, mica della bassa lodigiana. Chapeau per figurarsi così bene i problemi altrui. 

Ivano Fossati - La Bottega Di Filosofia
(Lampo Viaggiatore, 2003) 
 
Se solo non fosse nato troppo tardi, Fossati sarebbe uno dei più grandi della scuola cantautoriale genovese: sperimentazione musicale ad alti livelli, testi genialmente elaborati e carichi di significato, mai una delusione in generale. Anche se alcuni album, come Lampo Viaggiatore, sono sicuramente pensati per essere più semplici e immediati di altri. La Bottega Di Filosofia è una bomba sia musicalmente che come ritmo, ma è troppo raffinata per diventare un must folkloristico da Primo Maggio. Meno male: almeno la ascolta solo chi la capisce davvero. 
Si parla di una società moderna basata sulle apparenze, dove si perdono gli ideali e ognuno ha bisogno di dire la propria, riscoprendosi "titolare di una bottega di filosofia". Cazzo, Fossati aveva previsto i social network.
Bisogna dire che Fossati è uno degli artisti italiani di cui mi riesce più difficile scegliere una e una sola canzone. Già solo in quest'album, per dirne una, c'è Pane e Coraggio, una delle più toccanti canzoni sull'immigrazione mai scritte.

Murubutu - Dafne Sa Contare
(L'uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti, 2016)
  
Caso più unico che raro: un professore di filosofia e storia divenuto rapper. Impossibile non immaginarselo come una sorta di Dottor Jekyll e Mister Hyde, vestito di tutto punto per le sue lezioni scolastiche ma carico a mille per le sue serate e le riunioni dei suoi collettivi. Ha dichiarato che a scuola spiega volentieri le sue canzoni, ma non firma autografi. Perché in quelle quattro mura è un professore, non un rapper.
Ogni suo pezzo è ricchissimo di citazioni culturali ed erudite, e tutti raccontano una storia da analizzare e comprendere, rendendo la sua discografia probabilmente una delle più complesse della musica moderna italiana.
Dafne Sa Contare parla di una ragazza che si rifiuta categoricamente di sottostare al matrimonio combinato preparato dalla sua famiglia. Tutto il brano è permeato da un totale, e ribelle, scetticismo nei confronti del rispetto delle tradizioni a prescindere: non si dà più per scontato che se lo facevano i nostri bisnonni, allora, dobbiamo farlo anche noi. Le tradizioni vengono declassate a rituali che vanno analizzati come qualsiasi altra cosa, soprattutto se trovano luce secoli fa, in contesti diversi. Riflettiamoci.
Tutto l'album è bellissimo: i temi principali sono il vento e la fuga, che poi hanno molto in comune. Le storie riguardano i personaggi meno fortunati, ad esempio le bellissime Grecale e Mara e il Maestrale, che però non sempre vanno a finire bene, come nel caso della povera Dafne.

Eugenio in Via Di Gioia - Giovani Illuminati
(Tutti Su Per Terra, 2017) 

Alla fine la nostra generazione è un po' come una tifoseria di calcio: solo chi ne fa parte può permettersi di dire che fa schifo. Qui non si dice che fa schifo, assolutamente, ma di sicuro questa band torinese usando assonanze e giochi di parole ci propone uno spaccato ironico della gioventù che "come un pesce incosciente naviga contenta nella rete" forse non del tutto consapevole dei cambiamenti sociali e culturali che avvengono. I ragazzi della band, facendone parte, lo sanno e ce lo raccontano.
Gli Eugenio in Via di Gioia, nonostante la giovane età, hanno uno stile musicale che si rifà alle balere italiane del '900, dove si ballava lo swing appena arrivato dall'America. Il loro nome deriva dalla fusione di tre dei quattro membri del gruppo. Il primo album, per democrazia, lo hanno chiamato col nome del quarto.
Hanno partecipato a Sanremo Giovani 2020, ed è andata molto bene. No, non hanno vinto, hanno ottenuto il premio della critica. Andata molto bene, a Sanremo, significa quello. 

Per la seconda parte, cliccare qui. 





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